31 Agosto 2020

Il nuovo condomino è obbligato al pagamento dei debiti pregressi vantati da un terzo verso il Condominio?

A fare il punto sulla problematica in oggetto è intervenuta la Suprema Corte che, sollecitata dall’acquirente di un immobile in condominio chiamato a corrispondere, in solido col precedente proprietario, un vecchio credito vantato da un soggetto terzo nei confronti del condominio medesimo, con l’ordinanza n. 12580 del 25 giugno 2020 ha enunciato il principio secondo il quale “Non può essere obbligato in via diretta verso il terzo creditore (qui corrispettivo di attività giudiziali e stragiudiziali riconosciute ad un avvocato che aveva assistito e difeso il condominio), neppure per il tramite del vincolo solidale ex art. 63, disp. att. c.c., chi non fosse condomino al momento in cui sia insorto l’obbligo di partecipazione alle relative spese condominiali” escludendo, di fatto, l’obbligo per il ricorrente, nuovo condomino, di provvedere al pagamento richiesto.

Il prefato intervento degli Ermellini ha avuto la sua genesi nell’opposizione a precetto promossa da un condomino il quale, divenuto proprietario dell’immobile nell’anno 2013, non riteneva legittimo che gli venisse addebitato il pagamento pro quota del credito vantato da un avvocato, terzo creditore dell’ente di gestione, per l’attività professionale da questi svolta nel periodo 2002/2008, così come riconosciuto dal decreto ingiuntivo azionato in via esecutiva dal legale ai danni dei singoli condomini.

La sentenza di primo grado, favorevole all’opponente, avendone accolto la tesi per cui è illegittimo obbligare il nuovo proprietario a provvedere al suindicato pagamento, trattandosi di crediti sorti anteriormente al 2013 e, pertanto, da addebitare al precedente condomino, veniva riformata integralmente dalla Corte di Appello la quale, dopo aver premesso che l’art.63 disp. Att. c.c. esplicherebbe i propri effetti solo nei rapporti tra condominio e condomini e non anche nei rapporti tra condomino e terzi creditori del condominio, riconosceva l’appellato, originario opponente, quale obbligato nei confronti dell’avvocato esecutante in virtù di quanto disposto dall’art. 1104, comma III, c.c. in materia di comunione, applicabile anche al condominio per effetto del richiamo contenuto nell’art. 1139 c.c.

Il condomino/nuovo proprietario dell’immobile proponeva ricorso per Cassazione denunciando, in unico motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1139 c.c. e dell’art. 63, co. 4, disp. att. c.c. in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c. in cui la corte territoriale sarebbe incorsa allorquando ha ritenuto il cessionario di una unità immobiliare di un fabbricato condominiale obbligato, ai sensi dell’articolo 1104 c.c., a rispondere dei debiti del condominio verso terzi anche nell’ipotesi in cui trattasi di debiti sorti anteriormente al suo acquisto.

Appurato che le norme richiamate nel caso di specie sono l’art. 1104 c.c. e l’art. 63 disp. Att. c.c., la Suprema Corte, accogliendo il ricorso de quo, ha cassato la sentenza con rinvio alla competente Corte di Appello precisando, tra l’altro, con riferimento alla nozione di “contributi” contenuta nell’art. 1104 c.c., che il debito afferente ai medesimi deve, per sua stessa definizione, essere inteso quale debito nei confronti degli altri comunisti, non un debito nei confronti dei terzi. Peraltro, rifacendosi alla massima di cui alla sentenza n° 9148 del 08/04/2008 emessa dalla Suprema Corte in adunanza plenaria secondo la quale all’amministratore è consentito imporre il pagamento pro quota delle obbligazioni assunte verso terzi unicamente ai soggetti che facciano effettivamente parte del Condominio, gli  Ermellini hanno affermato che mai un soggetto, estraneo alla compagine condominiale nel momento in cui è sorto il debito, può essere chiamato a risponderne nei confronti del terzo creditore. Tale è, infatti, il tenore del chiarimento offerto dalla stessa Corte la quale, premesso che l’obbligo di cui prima sorge per il tramite del deliberato dell’assemblea, rileva che “non può pertanto essere obbligato in via diretta verso il terzo creditore, neppure per il tramite del vincolo solidale ex art. 63, disp. att. c.c., chi non fosse condomino al momento in cui sia insorto l’obbligo di partecipazione alle relative spese condominiali, nella specie per l’esecuzione di lavori di straordinaria amministrazione sulle parti comuni, ossia alla data di approvazione della delibera assembleare inerente i lavori” (Cass. n. 1847/2018). I giudici di legittimità, altresì, rifacendosi all’orientamento espresso dalla sentenza n. 24654/10, ne hanno ripreso il principio secondo il quale «In generale il condomino è tenuto a contribuire nella spesa la cui necessità maturi e risulti quando egli è proprietario di un piano o di una porzione di piano facente parte del condominio: e siccome l’obbligo nasce occasione rei e propter rem, chi è parte della collettività condominiale in quel momento deve contribuire».

Una decisione di diverso tenore sarebbe stata sicuramente irrazionale, dal momento che avrebbe significato per il nuovo proprietario preoccuparsi dell’eventualità di vedersi addebitate, sia pure pro quota, delle spese condominiali che, afferenti ad un periodo antecedente all’acquisto, potrebbero anche non essergli note perché risalenti nel tempo.

Ad ogni buon conto, laddove il nuovo condomino dovesse decidere di provvedere al pagamento delle succitate spese, la giurisprudenza gli riconosce la legittimità di esperire un’azione di recupero nei confronti del soggetto effettivamente obbligato, ovvero il condomino facente parte della compagine al momento in cui è sorto l’obbligo. Infatti, pur essendosi ormai consolidato il principio per cui “l’obbligo sorge per effetto dell’attività di gestione concretamente compiuta”(Cass. civ. n. 23345/2013), la medesima Suprema Corte, a chiarimento della nozione di “obligatio propter rem”, con la pronuncia n. 12841 del 23.07.2012 ha indicato il principio per “l’obbligo di pagamento dei contributi sorge dal rapporto di natura reale che lega l’obbligato alla proprietà dell’immobile, con la conseguente legittimità dell’emissione del provvedimento monitorio nei confronti del nuovo acquirente, divenuto, invece, l’effettivo condomino. Colui che subentra nel condominio può soltanto rivalersi nei confronti del suo dante causa”.

Diritto di rivalsa di cui l’acquirente è legittimato ad avvalersi anche nel caso in cui sia chiamato a rispondere di spese dovute per lavori straordinari deliberati prima che diventasse parte della compagine condominiale, così come palesemente asserito dagli Ermellini per i quali “In caso di vendita di una unità immobiliare in condominio, nel quale siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione, ristrutturazione o innovazioni sulle parti comuni, qualora venditore e compratore non si siano diversamente accordati in ordine alla ripartizione delle relative spese, è tenuto a sopportarne i costi chi era proprietario dell’immobile al momento della delibera assembleare che abbia disposto l’esecuzione dei detti interventi, avendo tale delibera valore costitutivo della relativa obbligazione. Di conseguenza, ove le spese in questione siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione del contratto di vendita, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che le opere siano state, in tutto o in parte, eseguite successivamente, e l’acquirente ha diritto di rivalersi, nei confronti del medesimo, di quanto pagato al condominio per tali spese, in forza del principio di solidarietà passiva di cui all’art. 63 disp. att. cod. civ.(Cass. civ. Sez. II Sent., 03/12/2010, n. 24654).

Si consideri, altresì, che la sentenza della Suprema Corte in commento si pone in perfetta aderenza con quanto previsto dall’art. 63, comma 2, Dis. Att. c.c. il quale, nel regolare il subentro di un nuovo condomino nell’ente di gestione ai fini dell’esatta individuazione dei soggetti obbligati al versamento degli oneri condominiali, pur ispirato da un favor nei confronti del Condominio, prevede la solidarietà tra venditore ed acquirente solamente per ciò che attiene al pagamento dei contributi concernenti l’anno in corso e quello precedente, identificandosi detti periodi non con l’anno solare ma facendo riferimento all’anno di gestione. Di tale avviso è, infatti, l’intervento dei giudici di legittimità per i quali “in tema di ripartizione delle spese condominiali, l’espressione “anno in corso”… va intesa, alla luce del principio della dimensione annuale della gestione condominiale”, con riferimento al periodo annuale costituito dall’esercizio della gestione condominiale, il quale può anche non coincidere con l’anno solare” (Cassazione civile, sez. VI, 22/03/2017, n. 7395).

                                                                                                           Avv. Sabrina FARINA